rassegna stampa

 

 


CORRIERE DELLA SERA
- ROMA
Mercoledì 26 Luglio 2004

SUL CAMMINO CON I NUOVI PELLEGRINI
(in bicicletta)

di ALESSANDRO CANNAVO'

 

SANTIAGO DI COMPOSTELA - Sudati, sporchi, felici, i pellegrini vagano per la Cattedrale allafi1Ìe del Cammino e sifermano davanti a Santiago Matamoros, l'ammazza-mori a cavallo e con la spada. Ieri è stato il giorno della grande festa nell'anno santo di San Giacomo (accade ogni volta che il 25 luglio capita di domenica): nella notte lo stupore per gli spettacolari fuochi. Poi, la messa solenne con re Juan Carlos che ha fatto un'invocazione al santo sui problemi più scottanti dei nostri giorni, al terrorismo all'immigrazione. L'immagine con la quale più s'intreccia la storia della Spagna, la statua che dopo l'attentato dell'11 marzo i religiosi del tempio avrebbero voluto rimuovere per evitare problemi con i musulmani, è rimasta nella sua veneratissima cappella. È il risultato delle proteste di tutto il mondo cristiano. Non è questa però l'iconografia del santo più vicina a chi è giunto fin qui dopo aver percorso a piedi 800 chilometri. Bisogna andare sul retro della chiesa, in Praza da Quintana, e cogliere quei brevi e solitari "faccia a faccia" che si hanno con un altro Giacomo: il cappellaccio a tesa larga, la mantella con le due conchiglie, il bastone, il libro apostolare. E' una statua in pietra, posta nei pressi della Porta Santa. Ha un'aria simpatica, scanzonata, un po' hippy.
C'è a quel punto chi si guarda i piedi tempestati dalle ampollas, le vesciche; o le gambe fasciate per arginare le tendiniti, frutto di 800 chilometri percorsi in 30 giorni di cammino. E ritrova in quell'immagine un compagno di viaggio, un amico di sofferenze. Abbiamo percorso anche noi l'intero cammino che porta a Santiago di Compostela. Come altri 300 mila che si sono messi in viaggio mossi dalla curiosità, dal senso della sfida. O da qualche ragione più profonda. "Lo faccio perché mi piace sentirmi parte di una comunità che da oltre mille anni batte queste strade" dice Marie, una ragazza francese. Ed è forse questo il motivo che riesce ad abbracciare tutti gli altri. Sportivi, culturali, religiosi. Misteri di un santo che è uno dei testimonial più convincenti dell'identità europea.

Come mezzo abbiamo scelto la bicicletta, un'alternativa al percorso a piedi che rende il viaggio più veloce (il tragitto è di II tappe e alla fine il contachilometri della mountain-bike segnava quota 812) ma non meno duro: colline da apnea, boschi fitti, discese con pietraie che preannunciano cadute rovinose. Oppure altipiani battuti dal sole, dal vento e dalla polvere. Sempre attenti a non perdere la freccia gialla che indica il Cammino, svettante come un cartello stradale o pitturata su un muro diroccato. E pronunciando migliaia di volte "Ola, buen camino" a ogni pellegrino sulla via. Da soli, o facendo qualche tratto in compagnia. Coppie, alcuni amici, altri corridori solitari come Edo, un ragazzo di Barcellona ferratissimo in altimetrie e studi dettagliati delle difficoltà. il tutto con dieci chili di bagaglio.
Solo in pochissimi tratti si è pedalato sull'asfalto. Cercando di essere rigorosi quasi come Felipe, un galiziano che nelle salite arrancava e si portava la bici a braccio ma non rinunciava alla promessa di disdegnare il morbido bitume. Abbiamo dormito negli albergue, nelle camerate per i pellegrini: luoghi in cui l'amicizia nasce condividendo dolori fisici e avventure, cibo e sapone.

AL VIA - È il 13 luglio. Abbiamo scelto il Cammino francese che comincia da Saint Jean Pied-de-Port e varca i Pirenei spuntando a Roncisvalle, luogo pieno di suggestioni per le gesta di Orlando (l'altro passaggio è più a Est, a Somport, e introduce al Cammino aragonese). In 21 chilometri, da 189 metri di altitudine del punto di partenza ai 1.430 della Collada de Lepoeder, già in terra spagnola. Per poi scendere in altri 6 chilometri a 960 metri. Come "battesimo del fuoco" non c'è male. A Roncisvalle ci accolgono in dormitori annessi al complesso monastico per 7 ,5 euro (risulterà la spesa più alta per un letto) e scopriamo il sostanzioso menu del pellegrino (piatto di carne o pesce, un contorno, pane, acqua e vino), 7 euro. Si va alla Collegiata dove alle 20 viene celebrata la messa del pellegrino che si chiude con una benedizione collettiva, recitando un testo dell'XI secolo: "O Dio, che portasti fuori il tuo servo Abramo dalla città di Ur, ti chiediamo di custodirci, noi tuoi servi, che per amore tuo andiamo pellegrini a Santiago". L'ultima esclamazione è " mtreya" (Forza, avanti) , il saluto che ci si scambia da oltre mille anni. La tappa da Roncisvalle a Puente la Reina ci fa capire la fierezza della terra di Navarra: passaggi mozzafiato nei boschi lungo gole solcate da ruscelli. Si passa da Villaba, il paese natale di Indurain, prima di entrare in una Pamplona ancora sotto sbornia per le corse dei tori nella festa di San Firmin. Poi il paesaggio si apre alle colline che preannunciano la terribile salita dell'Alto del Perdon. In cima, una delle numerose centrali eoliche di queste lande. E, in agguato, una discesa vertiginosa verso Puente la Reina, dove il cammino francese e quello aragonese si congiungono. Nell'affollatissimo ostello ci ritroviamo con un gruppo di ultrasessantenni. Sono molte le persone di età matura che affrontano il Cammino, testimoni di una terza età europea dinamica e in buona salute. "Ora che non lavoro più ho trovato il tempo per soddisfare questo mio desiderio", dice Roberta, un'allegra signora ticinese incurante delle ginocchia gonfie, mentre la sua amica coetanea spagnola si passa la tintura di iodio alle dita di un piede. E tra i pensionati ci sono
volontari che curano i pellegrini. Anche per le piaghe dell'anima. John, un inglese di 64 anni che accoglie i viandanti nell'Alto di Zariquieguì, ha raccontato al El Mundo di aver incontrato tre donne che si erano conosciute a Roncisvalle: tutte e tre andavano a Santiago per un voto, perché tutte e tre avevano perso un figlio in un incidente di moto.

SULL'EBRO - Logrono è un gioiello adagiato sul fiume Ebro. Vigne e campi di girasole della regione della Rioja scorrono veloci lungo un tracciato di terra rossa fino a Villafranca Montes de Oca. Con una fermata d'obbligo a Santo Domingo della Calzada, dove nella cattedrale riposali santo che impiegò la vita a facilitare il cammino dei pellegrini, disboscando e costruendo una città e un ospedale. Il tragitto fino all'eremo di San Nicholas è tra i più ricchi di emozioni: dalla salita spaccagambe dell'Alto della Predaja alla magia della pietra bianca di San Juan de Ortega, allo splendore della cattedrale di Burgos, trionfo del gotico internazionale, nella città in cui tutto riporta alle gesta del Cid, l'eroe leggendario spagnolo. Siamo nel cuore del vecchio regno di Castilla, uno degli scrigni dell'identità iberica. Poi il paesaggio cambia, bisogna far scorta di acqua alla fuente di paesini fantasma prima di salire verso gli spazi sconfinati della Meseta: luce accecante, caldo e nemmeno un'anima viva per circa 25 chilometri. Si arriva in serata a uno dei posti più suggestivi del Cammino, l'eremo di San Nicholas del XII secolo, gestito dalla confraternita italiana di San Jacopo di Compostela che ha sede a Perugia. Lo ha scoperto e recuperato Paolo Caucci, presidente del comitato internazionale di studi composteliani, uno dei massimi esperti di San Giacomo. Qui il pellegrino è accolto gratis con la cerimonia della lavata e del bacio dei piedi, scandita da parole antiche: "...che il riposo ti conforti e aumenti le tue forze per continuare il cammino verso Compostela". Poi tutti insieme per la cena a lume di candela con pasta italiana, arrosto, insalata. "Grazie" ripetono tra il sorpreso e il commosso Cristina e Heinz, una giovane coppia di tedeschi che cammina trasportando su una carriola un cane lupo con le zampe fasciate: è a lui che si sono gonfiati i piedi".

IN CASTILLA - Le pianure sterminate della Castilla y Leon ci permettono di coprire ben 119 km in una sola giornata. Due ragazzi camminano spediti verso l'infinito: sono polacchi, il primo porta svettante una grande croce, il secondo la bandiera del proprio Paese.. A BoadilIa compare dietro un gregge di pecore Alejando Sandoval Ortega, 79 anni, che in zona chiamano "la luce del Cammino". Intrattiene i pellegrini raccontando storie dei personaggi che incontra. "Qualche mese fa ho accolto due ragazze canadesi molto stanche, che avevano problemi con la lingua spagnola. Ho offerto loro un caffè. È finita che sono rimaste a casa mia per una settimana" . A Leon ci si commuove davanti alle vetrate della cattedrale gotica che gareggiano per bellezza con quelle di Chartres. Mentre ad Astorga, il tardo gotico si confronta con
quello eccentrico di inizio Novecento dell'arcivescovado ideato da Gaudi, una sorta di castello di Disneyland. Tornano le montagne. La Cruz de Hierro, Croce di Ferro, è per i ciclisti la "cima Coppi" del Cammino con i suoi 1.505 metri. A Villafranca del Bierzo, ricca di chiese e castelli, Jato ha risistemato per i pellegrini una vecchia casa di contadini: è figlio di curanderos e su richiesta non rifiuta qualche pratica magica. È il momento del Cebreiro, la più temuta delle montagne, 30 chilometri di salita. A piedi sfilano alcuni ragazzi americani tra i 15 e 17 anni. "Siamo di Washington, nella High School abbiamo seguito un corso sul Cammino. L'esame finale era percorrerlo". Compare un gruppo di lefebvriani, uomini con la tonaca, donne con la sottana lunga. Camminano sparsi ma si riuniscono due volte al giorno per recitare le preghiere in latino. Il Cebreiro è l'ingresso alla Galizia. Buona parte di chi è sul Cammino inizia da questa montagna, per totalizzare il minimo di chilometri (100) necessario a ricevere la Compostela, il documento che sancisce il pellegrinaggio. "Sono un pellegrino falso, alla fine ne percorrerò 110", riconosce Alexander, un ragazzo texano che poi ironizza sul Cammino, nel maggio scorso, delle figlie di Bush (anche loro la stessa distanza) attorniate dalle guardie del corpo. Si trascorre una notte nell'enorme e stupefacente monastero benedettino di Samos che fu sostenuto da grandi monarchi spagnoli e da Franco (la via principale si chiama tuttora avenida del Generalissimo). La sera si assiste ai Vespri, alle 6.30 del mattino arriva l'ultima benedizione.
Santiago è vicina, ma i sentieri della Galizia te la fanno penare: sono un saliscendi rompigambe tra colline verdissime e paesini dal fascino selvaggio dove scarseggiano le indicazioni e abbonda l'odore di stallatico. Ora la fila dei pellegrini diventa folla. A Melide, una sessantina di chilometri dalla meta, siamo costretti ad accamparci all'interno di un impolverato padiglione fieristico. L 'arrivo è quello di un popolo biblico nella terra promessa. Come suggerisce anche il nome della località in cui si trova l'area di raccolta dei pellegrini: monte do Gozo, monte della Gioia. La stanchezza sta per vincere ma c'è una tappa in più: la corsa al centro della città e la fila, per ore, al Centro del Pellegrino. Qui si presenta la credenziale piena di timbri collezionati in tutti i posti in cui sei stato a dormire o sei passato. Ed ecco la compostela: scritta in latino, è più di un foglio di carta. È la testimonianza di un nuovo status. Non resta che entrare nella cattedrale attraverso il Portico della Gloria, dove la colonna d'ingresso, toccata per secoli dai viaggiatori, ha l'impronta scavata di una mano. È il 23 luglio. Alle 12 comincia la messa del pellegrino che culmina con la cerimonia del botafumeiro, il grande incensiere fatto oscillare fino al tetto lungo le navate laterali della chiesa. Ma per qualcuno seduto tra le prime file, con la conchiglia al collo e il bastone in mano, non bastano le trombe dello splendido organo, i canti dei fedeli, gli applausi per il botafumeiro: sprofonda comunque in un sonno liberatorio.

Qualcuno ha detto che "le vie sono i fiumi della storia"; l'idea ci piace molto, anche