A cavallo con la storia |
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di
Natalino Paone
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La condizione di locato comportava il rispetto rigoroso di diritti e doveri, tra i quali la partecipazione obbligatoria alla transumanza alle condizioni fissate dalla Dogana con bando annuale, pena l'ammenda di 132 ducati per ogni migliaio di pecore, l'equivalente cioè dell'imposta dovuta al fisco. La Dogana restò in vita fino al 21 maggio 1806, quando la legge istitutiva del Tavoliere delle Puglie ne sancì l'abolizione. Link e approfondimenti |
LA REGIA DOGANA DELLA MENA DELLE PECORE DI PUGLIA Era una sorta di azienda di stato dotata di ampi poteri amministrativi e giudiziari. Istituita da Alfonso I° d'Aragona detto il Magnanimo nel 1447, aveva a capo il Doganiere, funzionario pubblico di particolare competenza ed esperienza proveniente in genere dalla magistratura. Il Doganiere era “persona d’ingegno, di dottrina, integrità ed esperienza” perché era “il maggior di qualsivoglia governo di Provincia, non solo per confidenza e maneggio d’interessi notabili: ma per l’ampia giurisdizione, che tiene sopra tutti i locati ed altri, che hanno interesse in essa Regia Dogana” (Stefano Di Stefano in Della Ragion Pastorale, Napoli 1731). Compito fondamentale della Dogana era quello di acquistare gli erbaggi e concederli ai padroni di animali, dietro pagamento di un canone annuo, detto fida, da parte di questi ultimi. Si trattava di contratti di natura particolare in quanto essi erano predisposti dalla Dogana, ente gestore del bene in regime di monopolio pubblico, e sottoscritti per semplice adesione dai contraenti, detti locati. Locato era il concessionario della locazione, cioè della estensione di terreno a pascolo, in cui durante l'inverno sostavano le pecore. |
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