Una civiltà chiamata Transumanza
di Natalino Paone

 


Transumanza vuol dire pastorizia trasmigrante. La parola è composta da "trans" (di là da) e da "humus" (terra), come dire greggi che migrano "di là dalla terra (consueta)". Ma non è pastorizia nomade, cioè senza fissa dimora, e neppure quella stanziale, ossia con una sola dimora. La transumanza, infatti, si basa su quattro capisaldi: il cambio tra due sedi note in determinati periodi dell'anno; la proprietà del gregge; lo sfruttamento diretto dello stesso; l'orientamento verso l'economia di mercato.

Il termine, presente nelle lingue romanze, è entrato nel linguaggio scientifico alla fine del secolo scorso, ma ricorda un fenomeno millenario.

 

 

Glossario:

Tratturi, tratturelli e bracci

Mappa dei grandi tratturi

Link:

L'Aquila Foggia (T.del Re)

Il Celano Foggia

Il Castel di Sangro Lucera

Personaggi:

Natalino Paone

Georg Liebetanz

Non sono molti i posti, neppure nell'Italia nascosta, dove la vacanza è ancora scoperta personale, fatto da raccontare. Nel Molise questo posto c'è e il fatto da raccontare è dato dai tratturi, autostrade d'erba che animarono nei secoli una civiltà chiamata transumanza.

La transumanza, presente in Spagna, Francia meridionale, Svizzera, Germania meridionale, area dei Balcani e Italia, conobbe la sua affermazione più originale in Abruzzo, Molise, Puglia, Campania e Basilicata. In queste cinque regioni dell'Italia meridionale, quando in autunno il primo freddo rendeva inospitale la montagna, greggi e addetti si trasferivano nella pianura pugliese, per fare ritorno in primavera ai monti, allorché era la pianura a farsi inospitale.
La pastorizia trasmigrante rimane una delle più antiche e diffuse attività dell'uomo economico. La sua origine nell'area mediterranea si fa risalire addirittura al periodo olocenico. Era presente nell'epoca protostorica e le stesse controversie tra Romani e Sabini sono ritenute di origine pastorale.

Sicuramente la transumanza era tra le attività fondamentali dei Sanniti, con esenzione da imposte sia sul bestiame che sui pascoli e sulle strade di collegamento. Una donna sannita aveva sempre in casa la conocchia per filare la lana e un telaio per tesserla e farne tessuto. Gli uomini, oltre a alla cura delle greggi transumanti, si impegnavano in varie attività, tra cui figuravano quelle degli scambi commerciali, dei servizi di accoglienza e di trattenimento. In questo senso una vera e propria stazione di servizio: essi la organizzarono già nel sec. IV a.C. dove oggi sorge Altilia di Sepino, sulla via armentizia battuta dalle greggi che si spostavano dall'Abruzzo all'Apulia (Puglia) e viceversa; via in seguito chiamata tratturo Pescasseroli-Candela, poi diventata la via consolare romana numicia (o minucia) oggi coincidente in gran parte con una delle strade più importanti del Molise col nome di SS 17.
Gli antichi Romani consideravano la pastorizia arte nobile oltreché redditizia e ne fecero un settore portante della loro economia. Nel 296 a. C., secondo Tito Livio, dalle sole multe ai proprietari di pecore si ebbero incassi tali da permettere la realizzazione sia di opere pubbliche che di grandi manifestazioni con spettacoli (ludi). Perfino gli imperatori e i senatori erano proprietari di pecore, che affidavano ad autorità di loro fiducia chiamate magister pecudum (un liberto, ovvero libero per atto del padrone). Nel 290 a.C., una volta occupato il Sannio e consolidato il dominio sul Mezzogiorno, essi industrializzarono la transumanza, la disciplinarono con leggi importanti (basti citare per tutte la lex agraria epigrafica del 111 a.C. e la de re pecuaria del 46 a.C.) e la sottoposero al controllo pubblico e al prelievo fiscale. La scriptura, ossia la tassa pagata sugli animali iscritti nei registri degli appaltatori di imposte, veniva esatta in punti di attraversamento obbligato, uno dei quali fu organizzato nella città di Saepinum (oggi Altilia), fondata sulle rovine del centro commerciale dei Sanniti.

 

VIAGGIO NELLO SPAZIO DELLE VIE VERDI