Categoria: Artisti
Nome: Famiglia Sangallo
 

A un Francesco Giamberti, artigiano legnaiolo operoso a Firenze nel 15° sec., venne attribuita la denominazione di FRANCESCO DA SANGALLO per il fatto che abitava a Firenze presso Porta Sangallo. La stessa denominazione fu poi data ai figli GIULIANO e ANTONIO IL VECCHIO, al nipote Antonio di Bartolomeo Cordini, nato da Smeralda, sorella di Giuliano e di Antonio il Vecchio, e noto come ANTONIO DA SANGALLO IL GIOVANE, e a FRANCESCO IL GROSSO detto il Margotta, figlio di Giuliano.

ANTONIO DA SANGALLO IL VECCHIO Architetto italiano (Firenze 1455 circa -ivi 1534 o 1535). Fratello e collaboratore di Giuliano da Sangallo, fu soprattutto architetto militare, ma si dedicò anche a costruzioni civili e sacre. Lavorò dapprima sotto la guida del fratello, che seguì a Roma, e poi da solo, dando alle sue fabbriche un carattere rude e robusto. Nella chiesa di S. Biagio in Montepulciano riprese lo schema della pianta a croce greca usato dal fratello nella chiesa della Madonna delle Carceri in Prato, aggiunse nel prospetto due campanili(di cui uno non fu terminato) e coronò la volta con una cupola rotonda. Opera di linguaggio maturo, S. Biagio si presenta all'esterno come un blocco poderoso, plasticamente modellato, a cui l'impiego nella facciata dell'ordine dorico aggiunge un'eleganza severa, mentre l'interno è costituito da un grandioso vano dalle possenti modanature. Pregi analoghi di robustezza delle masse appaiono nei due palazzi Contucci e Nobili-Tarugi a Montepulciano, mentre un notevole senso di equilibrio e finezza di particolari caratterizzano il Palazzo del Monte (Monte San Savino), assai vicino ai palazzi romani del Bramante. Come architetto militare costruì difese in Castel Sant'Angelo e numerose fortezze tra cui assai bella è quella di Civita Castellana, eretta per Cesare Borgia.

ANTONIO CORDINI detto ANTONIO DA SANGALLO IL GIOVANE - Architetto italiano (Firenze 1483 - Terni 1546). Nipote di Giuliano e di Antonio da Sangallo il Vecchio da parte della madre Smeralda, loro sorella, assunse il cognome materno. Continuò l'attività di costruttore sia civile sia militare propria della sua famiglia, ma ad un livello e con una larghezza di interessi e di opere che lo rendono un artista di primo piano nel Rinascimento. Innanzitutto all'arte di "legnaiolo", cioè di carpentiere e intagliatore, nonché di architetto, dagli zii, a Roma, collaboratore di Bramante e di Raffaello, si formò sullo studio degli antichi, rivelando grande capacità tecnica e uno stile permeato di semplicità, equilibrio e chiarezza, inteso a valorizzare gli elementi strutturali secondo la visione di Bramante ed anche di Antonio da Sangallo il Vecchio, ma a condurre anche ricerche chiaroscurali nuove. Questi suoi intenti sono già visibili nella chiesa di S. Maria di Loreto a Roma (1507), forse la sua prima opera, il cui esterno è squadrato con semplicità per mettere in evidenza il linearismo severo delle forme da aula termale romana, mentre l'interno ottagonale, movimentato da nicchioni, dà luogo a giochi di ombre e di luci che fanno presagire il Cinquecento romano. La cupola, rigonfia e pesante, non è di Antonio, ma del più tardo G. Del Duca. Sotto la protezione e per incarico del card. Alessandro Farnese, il Sangallo iniziava intanto i lavori di restauro e di ricostruzione del Palazzo Farnese (iter 5), l'opera sua più impegnativa e più riuscita. Nella facciata l'edificio si presenta come un semplice blocco murario, di proporzioni robuste ma armoniose, in cui tutti gli elementi di vuoto e di pieno compongono un sereno equilibrio, che è la sintesi del Rinascimento (v.) architettonico italiano. Da un monumentale androne, ornato di colonne e nicchie, e ricco quindi di effetti chiaroscurali, si accede al grandioso cortile, immaginato dal Sangallo con un triplice ordine di loggiati ripresi da quelli degli anfiteatri romani. Michelangelo, il Vignola e poi G. Della Porta, che terminarono l'edificio, ne modificarono in parte il progetto, ma esso costituisce ugualmente il più bel palazzo italiano del Cinquecento. Come costruttore civile il S. lasciò numerosi altri palazzi a Roma: come Palazzo Baldassini (Via delle Coppelle, 35 - Iter 6), o del Banco di S. Spirito). Aiutato da uno stuolo di collaboratori condusse innanzi anche una vasta opera di urbanista, continuando a Loreto la Piazza della Basilica, iniziata dal Bramante, tracciando il piano della città di Castro, voluta dai Farnese e poi andata distrutta, e dando una sistemazione ampia e funzionale al tracciato di un gruppo di vie di Roma. Lavorò pure a numerose chiese romane ed eseguì, oltre a S. Maria di Loreto, anche quella di S. Spirito in Sassia, nella cui facciata creò un tipo poi ripetuto e sviluppato a Roma per molti decenni. Una sua costruzione originale e ingegnosa è il Pozzo di S. Patrizio ad Orvieto; profondo 62 m., largo 13, questo pozzo consta di una canna cilindrica, attorno alla quale, all'esterno, si svolgono formando due spirali sovrapposte e concentriche, due ampie scale a chiocciola di 248 gradini ciascuna illuminate da 72 finestroni aperti nella canna, per le quali si scende al pelo dell'acqua. Grandissimo architetto militare, rivestì di forme d'arte e dotò di sapienti accorgimenti tecnici la Fortezza da Basso (Firenze) e quella di Civitavecchia, eseguì lavori di fortificazioni in molte città d'Italia centrale (Rocca Paolina, Perugia; Bastioni a Roma e Parma; Cittadella di Ancona; ecc.). A tanta attività Antonio aggiunse anche quella di direttore dei lavori di S. Pietro, carica nella quale successe a Raffaello nel 1520; un suo progetto di rielaborazione di quello bramantesco non risultò tuttavia felice per l'eccessivo frazionamento delle masse e per la forma acuta della cupola e non incontrò l'approvazione di Michelangelo. Nella sua vasta e complessa opera Antonio risulta il più importante tra gli architetti che lavorarono a Roma dopo il Bramante e prima di Michelangelo; egli rappresenta appunto il passaggio delle concezioni bramantesche, ancora lineari e quattrocentesche, ad una interpretazione più movimentata e inquieta delle masse e dello spazio, che è nello stesso tempo rievocazione della grandezza antica.

FRANCESCO DA SANGALLO detto IL MARGOTTA - Scultore e architetto italiano (Firenze 1494 - ivi 1576). Figlio di Giuliano da Sangallo e nipote di Antonio da Sangallo il Vecchio, continuò la professione di architetto esercitata in famiglia, ma fu anche più noto come scultore. Ebbe stile diseguale, talvolta ispirato ad un realismo spoglio ed efficace ancora quattrocentesco (Giovanni dalle Bande Nere; Firenze) o ad un potente plasticismo (volto del vescovo Angelo Marzi, nel monumento al medesimo SS. Annunziata in Firenze), talaltra ispirato ad un classicismo piatto e minuzioso fino alla pedanteria. Per Orsanmichele a Firenze eseguì il bel gruppo della Madonna col Figlio e S. Anna; nel rivestimento marmoreo della S. Casa di Loreto è il suo rilievo con la Presentazione al tempio. Capomastro del Duomo di Firenze, poco si conosce della sua attività di architetto.

GIULIANO DA SANGALLO - Architetto e scultore italiano (Firenze 1445 circa - ivi 1516). Figlio di Francesco Giamberti, carpenterie intagliatore nel legno, ricevette dal padre e dal Francione, abile costruttore di fortezze, la sua formazione di artista artigiano e di pratico e avveduto architetto. Un ulteriore sviluppo della sua personalità gli derivò dall'ambiente fiorentino e poi da quello di Roma, dove poté studiare e riprodurre dal vero in numerosi disegni i monumenti antichi. Tornato a Firenze (1471), costruì per Lorenzo dei Medici la bella villa di Poggio a Caiano, finita nel 1485, nella quale riecheggiano motivi classici uniti alla ricerca di risolvere pittoricamente problemi di massa per inserire la costruzione nel bellissimo paesaggio circostante. Sempre intorno al 1485 innalzò a Prato la chiesa di S. Maria delle Carceri, un capolavoro ricco di semplicità e di equilibrio di proporzioni, introducendo la pianta a croce greca e sposando il suo amore per l'antico e lineari sottigliezze brunelleschiane. Analoghi caratteri ha la sacrestia di S. Spirito a Firenze, mentre elementi più strettamente legati alla tradizione quattrocentesca presentano la cupola della Basilica di Loreto, il modello in legno per il Palazzo Strozzi (Firenze) e il bellissimo Palazzo Gondi a Firenze. Protetto dai Medici e dal card. Della Rovere, poi papa Giulio II, dopo il 1490 Giuliano lavorò in più parti d'Italia, e anche in Francia eseguendo progetti di palazzi, lavori di costruzione, come il rifacimento di S. Maria Maggiore a Roma, e opere militari a Roma (lavori in Castel Sant'Angelo) e altrove, introducendo interessanti innovazioni nella tecnica delle opere di difesa. Lavorò anche ai progetti di S. Pietro, forse in collaborazione col Bramante, e certo, dopo la morte di quest'ultimo, con frà Giocondo e con Raffaello, contribuendo con fervore di idee alla grande impresa. Poco interessante la sua attività di scultore, mentre assai importanti risultano i suoi disegni per la facciata di S. Lorenzo a Firenze, perché di essi risentì l'influenza il primo Michelangelo architetto e perché dallo studio di essi derivarono taluni sviluppi architettonici del maturo Cinquecento. Giuliano da Sangallo è dunque uno dei maggiori architetti del nostro Rinascimento, giacché, pur rimanendo ancora legato al Quattrocento apre la via a quelle forme che si affermarono in Roma nel primo Cinquecento e ad altre addirittura posteriori.

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